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Le Santelle dell’ alta Valtellina

Non possiamo non averle notate passeggiando sul nostro territorio, sulle strade che dei paesini portano verso i prati e i boschi.. Stiamo parlando delle Santelle (in dialetto Santela): delle cappelle che testimoniano il ruolo che la religione avuto nelle persone che abitavano le nostre contrade.
Oltre ad essere dei luoghi di preghiera erano degli esempi di un’arte povera che comunque era molto diffusa tra le generazioni che ci hanno preceduto; cappelle alle quali si chiedeva protezione e aiuto nei momenti difficili, cappelle alle quali si cercava conforto negli eventi dolorosi della vita, ma erano anche delle presenze nella quotidianità fatta di preghiera e sacrificio del tempo passato, chiaro segnale che la religione non era vissuta e confinata solo nella Chiesa.
Capitava che si portassero dei fiori freschi davanti alle cappelle, si recitasse una preghiera o anche solo un segno di croce durante il passaggio.
Caratterizzate nella maggior parte da dipinti dedicati alla Madonna, vediamo anche la presenza di alcuni Santi tra i più diffusi quali Sant’Antonio.
Realizzate con strumenti semplici e materiali poveri ma che la natura forniva, scolpite, dipinte dal lavoro di mani rugose alterate dalla fatica e dal lavoro dei contadini che invocavano nella maggior parte delle volte benedizioni per la zona, l’agricoltura, il lavoro e a protezione dei tanti eventi meteorologici. E moltissime sono le tracce di Dio su questi percorsi di montagna dove le cappellette raccolgono tanti Gesù crocefissi, oppure delle Madonne dipinte con un manto così azzurro che sembra un pezzetto di cielo; l’immagine della Vergine porta sempre conforto ed esorta al cammino.
Nel suo gergo la parola Santella significa luogo dei santi ovvero Chiese dei poveri, un luogo di culto accessibile da tutti coloro che vivevano in prossimità, in vicinanza di questi opere. Opere spesso realizzate da artisti anonimi e che in realtà invece riuscivano a ricostruire in modo particolare la storia di quello che stava succedendo nella loro società, santelle abbellite, curate per svelare situazioni ambientali e culturali, tradizioni, leggende, di tutto di più.
Le santelle hanno avuto nel tempo una specifica denominazione data dal luogo dove sono state costruite ma addirittura presenti anche in alcune carte mappali catastali, proprio come punto di riferimento per la nomenclatura del territorio.
Le forme erano variabili alcune con una struttura architettonica aperta davanti creando quindi una piccola nicchia sormontata da coperture in legno, classiche scandole, oppure nelle forme più moderne ristrutturate, o con lastre di ardesia e piode.
La presenza anche di molto ferro battuto lavorato artigianalmente dalle persone del posto oppure strutture architettoniche piatte e create solamente da una struttura compatta con un piccolo tettino nel quale ospitare l’effigie e la raffigurazione.
Naturalmente non c’era uno schema preciso: si lavorava in base all’istinto in base alle disponibilità del materiale quindi le tecniche potevano essere sia di costruzione in pietra a secco muratura o in legno.
Alcune sono proprio delle piccole cappellette ovvero delle costruzioni con una struttura quadrata con all’interno un piccolo vano a volta dove si riponevano delle vere e proprie statue nel caso dei Santi ho delle Madonne.
Alcune nel tempo sono cadute o sono in stato rovinoso causa slavine, la costruzione talmente povera dei materiali hanno ceduto ma nel tempo hanno ricevuto interventi di solidificazione che ne hanno mutato la forma originale.

Spesso questi capelline erano poste anche su vie particolarmente frequentate, vie di comunicazione dove passavano i commercianti, viandanti, strade che nel tempo hanno subito dei lavori di ampliamento che sono diventati poi delle strade più trafficate e che hanno necessitato la distruzione della Santella oppure l’ubicazione in un altro territorio limitrofo della stessa.
In base alla composizione, alla forma di queste santelle anche l’architettura cambia, e cambiano anche i contenuti: spesso solo delle raffigurazioni dedicate sempre alla Madonna o al Cristo e ai Santi, ma solo dipinte; in altri casi anche la presenza di importanti statue.
Certo la composizione architettonica della stessa né decretava poi l’abbellimento: su una parete smaltata si poteva dipingere mentre invece in una sassosa con pietre particolari si abbelliva con delle statue.
La posizione di queste Cappelle non era mai casuale: c’era sempre una motivazione per la quale venivano poste o per unintervento miracoloso o comunque la persona o una famiglia che ha beneficiato di qualche grazia era promotrice di una Santella a ricordo. Questi luoghi divenivano sacri per tutta la comunità, venivano costruite sul confine tra i territori di due paesi, oppure di due privati come detto prima testimonianza dei luoghi dei confini.
Uno dei ruoli oltre a essere definite come voto, oppure come promessa per migliorarsi, le Santelle avevano anche un ruolo di tutela dalle presenze malefiche che nella mentalità del tempo girava e per questo erano posizionate spese tra gli incroci dei sentieri o vicino o in prossimità dei punti dove le menti dell’epoca spesso associavano a streghe e bestie malefiche con situazioni malauguranti.

Anche i trascorsi storici dei territori hanno spinto le popolazioni ad erigere queste Stantelle, sicuramente le grandi epidemie quindi la peste, oppure la stessa riforma protestante che nel 1700 è stata protagonista quando il periodo dei prigioni dominava sul territorio.
Ma non è una pratica totalmente abbandonata questa di costruire le Santelle, ancora oggi probabilmente a ricordo di altre esistenti o di alcuni scritti ritrovati dai privati sul proprio territorio o su un pezzetto comunale ne vengo erette di nuove.
Ma la cosa che secondo me accomuna tutto questo sono i sentimenti degli uomini e delle donne che su queste terre che faticavano con il gerlo, con la legna, con gli alpeggi e si trovavano a condividere eventi più grandi di loro e su moltissimi sentieri dove la presenza di queste Cappelle era massiccia, vediamo i sassi consumati e lisciati per il passaggio anche dei carri carichi di fieno o usati per la transumanza delle bestie.

Personalmente ancora oggi quando ne incontro una che raffiguri qualunque tipo di figura religiosa, mi fermo cerco un po’ di conforto, un’esortazione al cammino in ogni suo significato.

Ho partecipato alla presentazione della Dott.ssa Debora Tam nel luglio 2015 che mi ha ispirato nello scritto.
Nella foto la Santella del S.Antonio Purcelin (privata della famiglia Trabucchi) in località Cadangola a Semogo, e una della Madonna con Bambino notata sulla strada di Oga.

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